Cosa c’è dietro Genny
(La sedia a rotelle una “tecnologia ferma da troppo tempo!”)
Genny è molto di più di quel che si vede. Dietro di lei c’è una storia, una storia che racconta un’assidua ricerca di autonomia, efficienza e integrazione.
Tutto ha avuto inizio nell’Aprile del 1995, quando un banale incidente in moto diede il via al mio processo di cambiamento. La rottura di una vertebra seguì l’inizio di una nuova vita da “seduto”, come preferisco definirmi a discapito di handicappato o disabile (aggettivi che non dicono nulla e risultano troppo semplicistici).
Odio sentire il termine “costretto su una sedia a rotelle”.
Capisco sia una frase d’effetto, ma non sono stato costretto da nessuno a stare su una sedia a rotelle, semmai il contrario: è proprio grazie ad essa che sono stato in grado di tornare a vivere…è sempre e solo una questione di punti di vista…
La sedia a rotelle, come detto, mi ha aiutato a riprendere una vita, ma ho fin da subito trovato i suoi schemi troppo limitanti ed obsoleti. Questo in tutti i campi: dall’estetica alla tecnologia.
Ho sempre cercato di migliorare la mia mobilità quotidiana, mai però senza progressi di alcuna rilevanza.
Solo nel 2009, la mia attenzione fu rapita da un mezzo elettrico di nome Segway PT, un mezzo auto-bilanciante dotato di due sole ruote ideato dall’americano Dean Kamen. Essendo Segway un mezzo che impone la posizione eretta da parte del suo utilizzatore, l’idea è stata quella di rendere fruibile questa tecnologia anche al “popolo dei seduti”.
Per oltre due anni ho lavorato e collaborato a questa realizzazione, affrontando con determinazione le problematiche che mano a mano si presentavano e mantenendo come obbligo primario la garanzia di sicurezza per i futuri utilizzatori.
Dopo i primi tempi passati a gestire e controllare la tecnologia, assolutamente convinto del fatto che controllare la tecnologia fosse l’unico modo di controllare la sicurezza, ho raggiunto un prodotto finito e sorprendentemente rivoluzionario. Prima ero io a dover spingere e faticare per stare dietro agli altri. Dopo Genny, hanno cominciato gli altri a corrermi dietro.
Potermi spostare senza dover costantemente guardare il fondo stradale, smettere di sforzare gli arti superiori allo sfinimento, tenere per mano la mia compagna durante una passeggiata in centro oppure mangiare un gelato e reggere un ombrello: tutte azioni straordinarie, coincidenti con un’autonomia ritrovata. A quel punto, ho iniziato a sentire la responsabilità di condividere la mia idea.
Ho scoperto un altro modo di guardare il Mondo. Si pensa sempre alla sedia a rotelle per quello che toglie, mai per quello che dà. La malattia, il dolore, la disabilità, aspetti della vita che fanno soffrire e nessuno si augurerebbe mai di provare. Ma non siamo noi, purtroppo, a dare le carte in questa vita. Io ho ricevuto quello che ho ricevuto, e come conseguenza ho cercato la cosa apparentemente più difficile da trovare: un lato positivo.
Genny è il lato positivo per il quale inizio ad essere riconosciuto e soprattutto capito.
Il Design integra più di ogni altra parola
Genny, oltre che funzionale, è bella da vedere. Spesso incontro ragazzi per strada che mi chiedono di poterla provare e che quasi quasi la vorrebbero acquistare. La domanda sorge spontanea, chi mai desidererebbe una sedia a rotelle in questo modo?
Uno degli obiettivi di Genny Mobility è quello di portare avanti un concetto totalmente nuovo, ovvero associare la parola “Design” a “Disabilità”. Il Design di Genny sposta l’attenzione dell’interlocutore dal problema della mobilità della persona alla “magia” del mezzo che sta portando. Questa potrebbe essere veramente una nuova chiave di lettura, e a mio parere (insieme all’autonomia) la via verso l’integrazione.
Una filosofia condivisa, una Community in continua crescita
L’emulazione e la condivisione sono la marcia in più del pensiero Genny. Per la prima volta, la disabilità si riconosce in un prodotto. I Genny Angels, possessori di Genny e membri della nostra “famiglia” allargata, sono quelli che hanno scelto di sposare il nostro pensiero, lo sostengono ed addirittura difendono in alcune occasioni. In essi io vedo la speranza, e grazie a loro vedo tradotta in carne ed ossa quella che per molti anni è sempre stata solo un’idea.
Siamo solo all’inizio…
Avete appena letto una sintesi della la mia filosofia.
Sia chiaro, tutto questi concetti rappresentano attualmente un obiettivo, più che una realtà. L’obiettivo a cui mi riferisco è difficile ed oltre ogni modo ambizioso: sto parlando di provare a cambiare il Mondo per “mandare finalmente in pensione la “sedia a rotelle”